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Tempo d’estate
Serie
24 Giugno 2025

Tempo d’estate

Corporate Heritage ed eventi: un binomio scivoloso

Brilla ancor caldo e splendido il sole, questo sole che mi fa ricordar quanto, quanto amai in quel tempo d'estate, ma dopo l'estate l'amor finì… cantava Johnny Dorelli nel 1961, in una celebre cover di Summertime, il capolavoro di George Gershwin reso immortale da Ella Fitzgerald.

Estate: tempo di gelati, di ferie e di eventi sul corporate heritage. Se ne vedono fiorire come funghi dopo la pioggia: settimane del patrimonio, giornate della memoria industriale, stagioni del racconto aziendale. Tutto è buono per appendere una mostra, spolverare una brochure, recuperare due foto in bianco e nero e inaugurare un “percorso emozionale” con buffet annesso.

Guardando all’esplosione stagionale di aperitivi culturali, tagli di nastro celebrativi e conferenze stampa tra i cipressi, viene il dubbio – cinico ma lecito – che si possa scambiare la valorizzazione del passato per l’organizzazione di una festa. Che si confonda l’identità aziendale con la cartellonistica temporanea, il patrimonio con il calendario eventi.

Non si fraintenda: ogni occasione per raccontare la storia d’impresa è preziosa. Ma se tutto si risolve in una serie di format preconfezionati, con ospiti sorridenti, taglio della torta e foto istituzionali, allora il rischio è alto. Il passato non si celebra, si comprende. Non si loda, si indaga. Non si offre glamour e asettico, si restituisce complesso e vitale.

E invece eccoci qui: heritage marketing che si riduce a retro packaging e social post vintage. Conferenze in cui si parla di “valori fondanti” tra un prosecco e un distintivo. Aziende che trasmettono la radice del loro spirito imprenditoriale in uno slideshow PowerPoint.

Perché accade? Perché l’evento è comodo. Ha un inizio, una fine, una scaletta. Funziona bene sui social, fa contento il marketing e riempie i comunicati stampa. È rassicurante. E soprattutto, è transitorio. Finisce. E così, finisce anche l’impegno.

Il problema non è tanto l’evento in sé. È l’evento come surrogato del progetto. Il “fare qualcosa” al posto di “costruire qualcosa”. Una mostra temporanea può essere straordinaria, se nasce da un lavoro solido su fonti, archivi, visioni. Ma se è solo una scusa per fare presenza sul territorio, allora forse era meglio una grigliata tra colleghi.

Il patrimonio non ha bisogno di lustrini. Ha bisogno di cura, archivi accessibili, storie complesse, narrazioni autentiche. Di fatica, innovazione e investimenti. Di processi che durano più di un buffet. Il vero heritage marketing non celebra il passato, lo mette al lavoro.

Organizziamo pure eventi. Ma facciamolo con un pizzico di un’antica virtù sempre meno apprezzata: il pudore. Il nostro obiettivo è costruire senso, scongiurando il rischio di ridurre la storia a souvenir aziendale.

Castigat ridendo mores. Se serve una risata per ricordarselo, ridiamo pure. Ma intanto, torniamo a studiare, e dimentichiamoci, per una volta, del catering.

 

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