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piccolo manuale di sopravvivenza all’heritage aziendale
Serie
01 Luglio 2025

Tempo d’estate 2

Ciò che non siamo: piccolo manuale di sopravvivenza all’heritage aziendale

Codesto solo oggi possiamo dirti:
 ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.

 — Eugenio Montale, Ossi di seppia (1925)


L’estate è tempo di bilanci leggeri, letture sotto l’ombrellone e, per chi si occupa di corporate heritage, di riflessioni e pensieri liberi. Ci si vuole divertire, fare cose che normalmente non si farebbero, pensare lateralmente. Poi quel che sarà sarà. Ecco perché per affrontare il caldo sempre più opprimente proseguiamo questa specie di divertissement estivo in 3 puntate ispirato ai versi del poeta riportati nell’incipit, con l’ambizione non tanto di dire quello che si dovrebbe fare, bensì suggerendo quello che sarebbe meglio evitare. Un triplo tuffo carpiato in ciò che la valorizzazione del passato d’impresa sarebbe meglio non fosse.
Con disincanto montaliano, eccoci ad elencare alcune pratiche molto diffuse, apparentemente innocue, che tuttavia  rischiano di trasformare la memoria aziendale in una vetrina senz’anima.


1. La pubblicazione celebrativa
Noi non siamo quelli del libro rilegato con il logo in rilievo e la prefazione altisonante. A volte, questi volumi restano oggetti da scaffale, pieni di fotografie sgranate, frasi retoriche e cronologie scolastiche. Spesso nessuno li legge, a volte nemmeno chi li commissiona. Il patrimonio narrato resta piatto, generico, senza voce.

2. L’anniversario come unica scusa per ricordare
Non siamo neppure quelli che si ricordano della propria storia solo ogni 10, 25 o 50 anni. Certo gli anniversari sono importanti, ma l’identità aziendale viva non va in letargo per decenni, in attesa di una torta con le candeline. Se la memoria è uno strumento, allora deve essere usata con continuità, non solo quando serve un evento stampa.

3. La museificazione selettiva
Non siamo quelli che espongono solo il primo prodotto e ignorano tutti gli altri, soprattutto quelli meno riusciti. Raccontare la storia di un’impresa significa includere anche ciò che non ha funzionato. Il patrimonio non è un album dei ricordi, ma un archivio di tentativi, errori, successi e fallimenti.

4. Il “tutto fa heritage”
Infine, non siamo quelli che trasformano ogni oggetto d’epoca in “icona storica” solo perché è vecchio. Il rischio è di cadere nel folklore d’impresa, dove la selezione critica scompare e ogni maglietta sbiadita diventa testimonianza. Senza contesto, senza fonti, senza metodo, si fa solo memorabilia, non cultura.
In breve: non siamo solo carta lucida, non siamo un calendario di ricorrenze, non siamo una sceneggiatura ottimista e nemmeno una collezione di cimeli. Perché tra pubblicazioni illustrate e fiocchi commemorativi, l’identità aziendale rischia di assomigliare a una bomboniera: carina, ma inutile.
Proseguendo in questo mood, nel prossimo articolo vedremo un altro lato della stessa medaglia: non solo cosa non siamo, ma cosa non vogliamo diventare.

To be continued…

 

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